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Dati parziali, conclusioni di studi riscritte perché imprecise. La scelta, in assenza di riscontri effettivi, dirottata sul singolo caso previo consiglio del medico curante. Benefici e rischi del vaccino sulle donne in stato interessante.

Gianna Milano

Dai rischi per il nascituro agli eventuali benefici, cosa sapere sul vaccino anti Covid per le donne in stato interessante

È pericoloso vaccinarsi contro il Covid-19 se si aspetta un figlio? È vero che le donne incinte si ammalano in modo più grave rispetto a quelle non gravide? Quali sono i potenziali effetti avversi dei vaccini a mRNA, come Pfizer e Moderna, durante la gestazione? Se alcune autorità sanitarie, istituzioni, associazioni di ginecologi e di pediatri hanno dichiarato di non nutrire dubbi sulla opportunità di vaccinare contro Covid-19 in gravidanza, una ricognizione della letteratura scientifica numerosi interrogativi li solleva. Le indicazioni, aggiornate il 22 settembre scorso, di un documento a cura dell’Istituto superiore di Sanità e dell’Italian Obstetric Surveillance System (Iss-Itoss), su come comportarsi quando si è in stato di gravidanza dicono «sì» al vaccino anti-Covid-19 per le gestanti, ma solo a partire dal secondo trimestre e durante il periodo dell’allattamento.

Le raccomandazioni di Iss-Itoss vengono fornite «in considerazione dell’attuale scenario epidemiologico e delle crescenti evidenze sull’efficacia e sicurezza della vaccinazione in gravidanza, sia nei confronti del feto che della madre. La maggiore morbosità associata alla variante Delta, la crescente circolazione della stessa e il notevole abbassamento dell’età mediana all’infezione in Italia rendono necessarie queste indicazioni», si legge nel documento. In cui si aggiunge: «A causa dell’indisponibilità di dati conclusivi sulla sicurezza e sull’efficacia dei vaccini anti-Covid-19 per questo target di popolazione, la raccomandazione è stata oggetto di dibattito a livello nazionale e internazionale». Gli stessi bugiardini dei vaccini, forniti dalle case produttrici, dichiarano apertamente che non sono stati condotti studi su donne in gravidanza né in allattamento e che, pertanto, l’assunzione dei vaccini contro il Covid deve essere medicalmente valutata caso per caso.

Covid e gravidanza, aumenta il rischio di contrarre la malattia in forma grave?

Un quesito fra i tanti sollevati riguarda il maggior rischio di ammalarsi in forma grave se si contrae l’infezione durante la gravidanza. I dati che emergono da uno studio internazionale, l’Intercovid Multinational Cohort Study, su donne gravide (706 con Covid e 11 decedute e 1424 senza Covid con 1 deceduta) in 18 Paesi tra cui l’Italia e alcuni a basso reddito, dicono che il divario di mortalità materna nei due gruppi va approfondito. «Un enorme studio in Usa, con 33 volte più gravide infette e 430.000 infette non gravide di pari età, dimostra che in questo gruppo ci sono stati molti meno decessi, 1,5 x 1000 nelle gravide infette e 1,2 x 1.000 nelle infette non gravide», si legge in un documento recente della Rete Sostenibilità e Salute, sottoscritto da un gruppo di medici, epidemiologi, pediatri, neonatologi. Ma aggiunge anche che «il numero di decedute è risultato superiore tra le donne con svantaggio socio-economico e nelle minoranze etniche: nelle donne bianche non ispaniche le morti sono state 0,5 x 1000 nelle infette gravide e 0,7 x 1000 (cioè addirittura di più) nelle infette non gravide. E in una analisi di 73 studi con oltre 67.000 donne gravide la mortalità per tutte le cause delle gravide con Covid-19, pur più alta di quella di gravide non infette, si è fermata allo 0,02 per cento (circa 2 su 10.000)». Covid-19, in sostanza «è risultato circa due volte più grave in presenza di fattori di rischio per la salute, come alto indice di massa corporea, diabete, ipertensione o altre comorbosità, ma i numeri assoluti restano bassi. Le donne con Covid-19, seppur soggette a complicanze più frequenti se gravide, hanno significativamente meno sintomi rispetto alle non gravide: meno febbre, meno difficoltà di respiro e dolori muscolari».

Dai rischi per il nascituro agli eventuali benefici, cosa sapere sul vaccino anti Covid per le donne in stato interessante
Un’operatrice sanitaria si appresta a somministrare il vaccino (Getty)

In Italia, secondo dati dell’Iss, il ricovero in terapia intensiva si è osservato nel 3 per cento dei casi e non è stata registrata al momento alcuna morte. Del resto il rischio di morte da Covid-19 stimato per fasce di età da John Ioannidis, professore all’Università di Stanford, che ha dato un contributo fondamentale alla medicina basata sulle evidenze, è dello 0,014 per cento da 20 a 29 anni; dello 0,031 per cento da 30 a 39 anni e dello 0,082 per cento da 40 a 49 anni. Purtroppo, come accennato, le informazioni di cui si dispone oggi su sicurezza ed efficacia dei vaccini anti-Covid in gravidanza sono parziali e come faceva già rimarcare uno studio sul New England Journal of Medicine del giugno 2020 le donne gravide non sono state inserite nei trial clinici per la sperimentazione: perciò non si dispone di dati sull’interazione tra vaccino e gestazione. Mentre, «le donne incinte e che allattano dovrebbero essere incluse in studi appropriati per valutare quali adiuvanti sono utilizzabili in gravidanza e per pianificare una raccolta sistematica di dati di tossicologia dello sviluppo, di immunogenicità e di indicatori specifici di sicurezza per madre e bambino nel medio e nel lungo termine», si leggeva su The Lancet il settembre 2020.  E l’American Journal of Obstetrics & Gynecology, a maggio di quest’anno ha scritto: «A tutt’oggi non si conoscono l’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti-Covid in donne gravide, feto, e neonati e il vaccino dovrebbe essere proposto dopo aver fatto presente questo alle eventuali candidate. Preferendo per la somministrazione coloro che corrono rischi maggiori con l’infezione».

Al momento chi produce i vaccini non diffonde alcuna raccomandazione per le donne incinte

Allo stato attuale qualunque raccomandazione di vaccini anti-Covid alle gestanti non è prevista da chi li produce. E per ora «non si dispone di dati su cosa succeda nel lungo termine e sono incompleti quelli degli effetti sulla gestanti (aborti), sul feto (sviluppo intrauterino e comparsa di anomalie) e sul neonato (esiti sullo sviluppo neurologico)», sottolineano i ricercatori e docenti universitari biomedici di CoScienze Critiche, associazione che riunisce accademici e si propone come portale critico con una caratteristica: la multidisciplinarietà. «Sono molte le cose che non si sanno ancora di questi vaccini sia a mRNA che degli altri finora approvati. Per esempio, non si conosce la quantità di antigene, in grado di stimolare una risposta immunitaria, prodotto nelle cellule dopo l’inoculo. Ed è impossibile sapere dove vadano a finire le infinite copie della proteina spike prodotte dalle cellule, quella che il virus utilizza per infettarle innescando la produzione di anticorpi. E la proteina spike, come riferisce un articolo su Nature è tossica, e può interferire con rilevanti funzionalità nel corpo umano», continuano i ricercatori di CoScienze Critiche. Questo spiegherebbe, come evidenziano varie ricerche, le pericarditi e le miocarditi nei giovani successive alla vaccinazione. Insomma, non si tratta di affermare che i vaccini a mRNA facciano male contro chi afferma che sono sicuri, ma di evidenziare aspetti ancora parzialmente o totalmente ignoti, che richiederebbero prudenza.

Gli autori di uno studio, pubblicato il giugno di quest’anno sul New England Journal of Medicine che forniva dati preliminari sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid in gravidanza e secondo i quali non c’erano problemi, ad esempio, sono stati costretti dalla rivista a rivedere le loro conclusioni. Gli autori, tutti membri dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), organismo di controllo della salute pubblica del governo federale Usa, hanno analizzato gli eventi avversi successivi alla vaccinazione, con un sistema di farmacovigilanza attiva, il V-Safe Pregnancy Registry, che monitorizza in tempo reale per 12 mesi eventuali effetti collaterali. La fase di sorveglianza (il cosiddetto follow-up) è avvenuta inviando via smartphone un messaggio ai Cdc che hanno sede ad Atlanta. Nell’editoriale a commento della ricerca adesso legge: «è da notare che negli Usa al 26 aprile 2021, più di 100.000 donne in gravidanza hanno riferito di aver ricevuto una vaccinazione contro il Covid-19 e tuttavia solo una piccola frazione (il 4,7 per cento) si è registrata al V-Safe Pregnancy Registry. Si può quindi dedurre che i dati su cui si basa lo studio siano parziali e gli effetti avversi sottostimati. Questo sistema di sorveglianza attiva ha registrato 104 aborti spontanei entro la 20esima settimana di gravidanza. Ma il numero complessivo di donne considerate nello studio, di cui è stato completato il follow-up, varia tra le 319 e le 127, a seconda del momento in cui hanno ricevuto la vaccinazione (entro o dopo i trenta giorni immediatamente precedenti l’ultimo flusso mestruale). Considerando come affidabile 
il campione di donne, il tasso di aborti spontanei
 va dal 32,6 all’81,9 per cento, particolarmente elevato e decisamente più alto di quello stimato
dagli autori (12,6 per cento) riferito alle donne gravide senza distinzione di settimana di gestazione e che era stato ritenuto in linea con quelli della normale fisiologia in gravidanza», sottolineano i ricercatori di CoScienze Critiche. «Le iniziali dichiarazioni rassicuranti degli autori dell’articolo sul New England Journal of Medicine circa i casi di aborti spontanei sono state ritrattate in seguito alle osservazioni di un ricercatore, Hong Sun, analista dati al Dedalus Healthcare di Anversa, in Belgio, tanto che la stessa direzione della rivista ha imposto di eliminare le frasi tranquillizzanti nelle conclusioni».

Dai rischi per il nascituro agli eventuali benefici, cosa sapere sul vaccino anti Covid per le donne in stato interessante
Un hub vaccinale in Piemonte (Getty)

Perché alcuni medici hanno dovuto ritrattare le conclusioni degli studi sui vaccini in gravidanza

Ecco la storia in dettaglio. L’8 settembre in una lettera al New England Journal of Medicine Hong Sun fece notare come i dati preliminari sulla sicurezza in gravidanza dei vaccini a mRna forniti dagli autori nell’articolo pubblicato a giugno fossero inappropriati. «Tra le 827 gestanti che hanno preso parte alla indagine ci sono stati entro la ventesima settimana 104 aborti spontanei (12,6 per cento): una percentuale simile a quella nella popolazione generale. Ma questo calcolo non riflette il rischio reale di aborto. Tra le partecipanti con una gravidanza completata, 700 avevano ricevuto la prima dose nel terzo trimestre. Ora, avendo superato la 20sima settimana, avrebbero dovuto essere escluse dallo studio. Il rischio di aborto spontaneo dovrebbe essere calcolato sulla base delle partecipanti che hanno ricevuto la vaccinazione prima della 20sima. Il confronto con i tassi di aborto spontaneo basati sulla popolazione è complicato dal fatto che le donne vaccinate più avanti nella gravidanza hanno meno tempo durante il quale sono a rischio di aborto. Quindi è probabile che una percentuale grezza sottovaluti il rischio complessivo», ha scritto Hong Sun.

Gli autori dell’articolo nella risposta sul New England Journal of Medicine ammisero dunque che il denominatore usato per calcolare il rischio di aborto spontaneo successivi alla vaccinazione non fosse corretto e vennero invitati dalla rivista a modificare le loro conclusioni. In una Research Letter su Jama dell’8 settembre 2021 si asseriva che non c’era stato un aumento di aborti spontanei nelle donne vaccinate, ma si concludeva dicendo che: «Vanno notati diversi limiti. Primo, l’età gestionale degli aborti e delle gravidanze in corso non è stata confermata; la datazione della gravidanza e cioè quando è cominciata può essere imprecisa. Secondo, l’introduzione del vaccino anti-Covid 19 è stata complessa e l’informazione su alcune vaccinazioni potrebbe essere andata persa compromettendo i risultati. Terzo, non erano disponibili dati su importanti fattori di confondimento, come l’anamnesi di una precedente gravidanza. Quarto, non è stato possibile valutare i rischi specifici del vaccino dato l’esiguo numero di esposizioni».

Vaccino in gravidanza, benefici e rischi da valutare di volta in volta

In un documento della Rete Sostenibilità e Salute (Rss) dell’11 luglio che offriva una valutazione complessiva si è scritto: «Si assiste con preoccupazione a una spinta crescente alla vaccinazione anti-Covid-19 delle donne gravide, come si è già verificato quella antinfluenzale. Ciò accade in assenza di informazioni adeguate per presentare alle interessate e ai curanti un quadro bilanciato dei benefici attesi e dei possibili rischi per le donne stesse e per la prole. Eppure il Codice di Deontologia Medica (Articolo 4) chiede ai medici di attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici (…), non soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura». Tutte le società scientifiche italiane di ginecologi e neonatologi dalla Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), all’Aogoi (Associazione ostetrici ginecologi ospedalieri), all’Agui (Associazione ginecologi universitari italiani) e all’Agite (Associazione ginecologi territoriali) hanno sottoscritto un Position Paper sulla vaccinazione anti-Covid in gravidanza, condiviso anche da altre società scientifiche di pediatria e medicina perinatale, in cui si sottolinea come «i dati disponibili sui vaccini attualmente approvati non sono stati testati su donne gravide, sono derivati da studi su modelli animali e non hanno mostrato effetti dannosi in gravidanza». La delicatezza dell’argomento traspare anche dalla nota informativa allegata al modulo del consenso informato alla vaccinazione anti-Covid del Ministero della Salute e dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), tuttora cauta: «Se è in corso una gravidanza, se o sta pianificando una gravidanza o sta allattando chieda consiglio al medico prima di ricevere questo vaccino. I dati relativi all’uso di Comirnaty (nome commerciale di Pfizer-BioNTech, n.d.r) sono limitati. La somministrazione durante la gravidanza deve essere presa in considerazione solo quando i potenziali benefici sono superiori ai potenziali rischi per la madre e per il feto». Una scelta, per il momento, particolarmente soggettiva.

15 ottobre 2021

Sciopero generale? Noi siamo chiari su un punto ma liberi su modalità di battaglia

(di Roberta Lanzara)

TEMPI: Lettera su vaccini e risposta

Contestazione del nostro articolo “Con il Covid si deve convivere. Non ci sono ragioni valide per essere contrari ai vaccini”. Risponde Giancarlo Cesana

Redazione14 Ottobre 2021Salute e bioetica

vaccinazione Covid 19

Gent. Direttore, abbiamo letto con interesse l’intervento dell’esimio collega prof. Giancarlo Cesana, apparso sul mensile “Tempi” da lei diretto, dal titolo “Con il Covid si deve convivere. Non ci sono ragioni valide per essere contrari ai vaccini”. Gli spunti che il testo fornisce sono tanti, ma ci vorremmo soffermare sulle affermazioni su cui si fonda la tesi che dà il titolo all’articolo. L’autore afferma:

“Gli effetti collaterali della vaccinazione si sono dimostrati gravi in casi estremamente rari, con danni di gran lunga inferiori a quelli prodotti dalla malattia. I rischi futuri, malformazioni, tumori e simili, paventati a causa della inoculazione di materiale genico, mRNA, sulla base delle attuali conoscenze non hanno una plausibilità (spiegazione) biologica e comunque l’esperienza di miliardi di vaccinazioni costituisce un sistema di monitoraggio tempestivo e affidabile per ogni evenienza. “

Ci duole rimarcare come, alla luce dei progressi nelle conoscenze scientifiche degli ultimi quarant’anni, le suddette tre affermazioni siano scorrette.

“Non ci sono ragioni valide per essere contrari ai vaccini. Gli effetti collaterali della vaccinazione si sono dimostrati gravi in casi estremamente rari, con danni di gran lunga inferiori a quelli prodotti dalla malattia.” Il testo parla degli “effetti collaterali” come di un dato ormai acquisito, laddove, invece, la loro reale portata, soprattutto a medio o lungo termine, è ancora da valutare e quantificare. Tale valutazione, per inciso, è fortemente inficiata, in Italia e nella gran parte dei paesi, dalla pressoché totale mancanza di una procedura di farmacovigilanza attiva. In particolare, in Italia il Ministero della Salute, nello stabilire di non attivare una farmacovigilanza attiva commisurata alla diffusione capillare delle terapie vaccinali contro il COVID19, ha contravvenuto a tutte le convenzionali “good practices” (buone pratiche) internazionali su farmaci e trattamenti medicali di nuova introduzione. Di fatto a oggi è presente solo una attività di farmacovigilanza passiva, che è noto sottostimare fortemente gli eventi avversi correlati a un qualunque farmaco. Tale scelta ha reso praticamente impossibile un attendibile monitoraggio basato su evidenze scientifiche e/o statisticamente indicative dell’effettiva sicurezza o assenza di effetti dannosi dei vaccini a mRNA o DNA, oggi i soli proposti in Italia contro il COVID19. Ricordiamo, inoltre, che questi “vaccini” sono usati per la prima volta e sono ben diversi dai tradizionali vaccini a tutti noti (vaccini proteici o con patogeno inattivato). L’affermazione in apparenza rassicurante dell’autore dimentica anche il concetto generale di bilancio tra rischi e benefici insito in ogni terapia. Quando i secondi sopravanzano i primi, come per esempio in una persona anziana con altre patologie, la scelta vaccinale appare giustificata. Quando tuttavia i benefici si annullano, come in giovani sani, allora l’incidenza di una tossicità, anche remota, del vaccino (quale, per esempio, la miocardite) sopravanza l’eventuale beneficio dello stesso. Simili considerazioni andrebbero tenute in seria considerazione per tutte le situazioni in cui non ci sono evidenze di un effettivo vantaggio del vaccino, tra cui la vaccinazione di bambini e di persone già immuni e l’utilizzo di una terza dose (sulla quale, ricordiamo, non vi sono dati scientifici provenienti da studi controlalti).

“I rischi futuri, malformazioni, tumori e simili, paventati a causa della inoculazione di materiale genico, mRNA, sulla base delle attuali conoscenze non hanno una plausibilità (spiegazione) biologica.” Purtroppo qui c’è più di un grave errore: 30 anni di ricerche e studi sul DNA e sull’RNA mostrano che meccanismi biologici più che plausibili per la generazione di patologie anche gravi esistono e sono numerosi. Questi meccanismi sono oggi essi erano ignoti fino agli ‘70, mentre oggi sono insegnati in tutti i corsi universitari di medicina e biologia. Ѐ ben noto a tutti i coinvolti nel settore (o almeno dovrebbe) che molecole come il DNA e l’RNA sono in grado di innescare processi genotossici mediante meccanismi di interferenza e ricombinazione, meccanismi che, per quanto ne sappiamo, sono stati del tutto trascurati nel valutare la sicurezza delle terapie vaccinali oggi proposte nel nostro paese. Questa interferenza potrebbe avvenire già a livello citoplasmatico, dove l’mRNA può interferire con le normali funzioni cellulari, che nucleare. Ѐ inoltre ampiamente dimostrato da decenni di ricerche che, per esempio, l’mRNA (RNA messaggero) può essere retrocopiato in DNA all’interno delle nostre cellule (grazie alla presenza di trasposoni) e quindi inserirsi permanentemente nel codice genetico (un processo noto come “mutagenesi inserzionale”), causando danni che nei casi peggiori possono arrivare alla generazione di disfunzioni cellulari, tumori, patologie autoimmuni e neurodegenerative; tutto ciò è stato sperimentalmente dimostrato all’interno di studi clinici di terapia genica. Per i vaccini a DNA tale meccanismo sarebbe ancora più facile. Di contro, avere a disposizione vaccini proteici, cioè di tipo tradizionale, rappresenterebbe un enorme vantaggio rispetto all’attuale approccio, in cui vi sono presupposti per potenziali danni anche gravi.

“e comunque l’esperienza di miliardi di vaccinazioni costituisce un sistema di monitoraggio tempestivo e affidabile per ogni evenienza.” A tal proposito facciamo innanzitutto notare che i vaccini utilizzati in passato non hanno mai contenuto RNA, mRNA o vettori virali a DNA, come quelli oggi proposti per combattere la pandemia COVID19, e quindi le sicurezze di passate esperienze vaccinali non possono essere traslate alla situazione attuale con tanta superficialità. Inoltre, un “monitoraggio affidabile” non risulta, purtroppo, in atto, come già sottolineato per il primo punto, dato che l’osservazione degli effetti collaterali immediati non è stata, purtroppo, seriamente e adeguatamente condotta. Vorremmo altresì far notare che la statistica sul numero di casi è del tutto indipendente dalla statistica temporale. Questo principio si impara anche nei corsi introduttivi: non è assolutamente giustificabile l’affermare che, poiché si è ottenuto un certo risultato in “tanti” casi, si otterrà il medesimo risultato dopo “tanto” tempo. Consolidati studi condotti sugli organismi biologici, considerati nel campo dei cosiddetti i “sistemi complessi”, hanno ulteriormente confermato come non sia possibile fare previsioni dell’evoluzione temporale tramite una semplice statistica sul numero di casi. Sempre in merito alla statistica, dobbiamo nostro malgrado richiamare quanto già detto al punto 1), ossia che l’osservazione degli effetti collaterali immediati non è stata seriamente e adeguatamente condotta. Perciò l’esperienza a oggi fatta non dispone di informazioni e dati sufficienti a stabilire l’effettiva sicurezza dei vaccini COVID19 somministrati nel nostro paese: il tempo trascorso dall’inizio della sperimentazione dei vaccini è del tutto insufficiente per asserire di aver avuto un monitoraggio degli effetti collaterali a lungo termine. Non ci risulta, infine, che sia stato condotto alcuno studio né di genotossicità né di cancerogenicità dei vaccini mRNA COVID19 attualmente impiegati, cosa del resto facilmente riscontrabile tramite una rapida ricerca sulle banche dati delle pubblicazioni medicali (citiamo solo la più famosa, PubMed) e altresì comunicato dalle aziende produttrici dei vaccini.

Da ultimo rimarchiamo che l’utilizzo della parola “sieri” per definire dei vaccini sia, dal punto di vista medico  erroneo, denotando un pressapochismo che sinceramente ci stupisce.

Ci consenta, quindi, caro direttore, questo intervento rigoroso, basato su approfondite e aggiornate conoscenze di tematiche scientifiche di cui molti di noi si occupano, nel proprio lavoro quotidiano di ricerca e insegnamento, quali professori, docenti, ricercatori nelle università e nei centri di ricerca.  Per questo abbiamo ritenuto doveroso rimarcare, “sulla base delle attuali conoscenze”, l’infondatezza scientifica di quanto affermato nel testo, mostrando il nostro disappunto per la superficialità manifestata nel non basare giudizi gravidi di importanti conseguenze per la salute di tutti gli italiani sulle effettive “attuali conoscenze”.

Marialuisa Chiusano
Leonardo Vignoli
Daniele Perrotta
Carlo Gambacorti-Passerini
Lorenzo Maria Pacini
Associazione CoScienze Critiche

Risponde Giancarlo Cesana: “Miliardi di vaccinazioni” sono riferiti proprio a quelli contro il Covid. Per il resto tutto l’articolo pubblicato su Tempi risponde già alle obiezioni della lettera, assai prevedibili nella loro provenienza da ambienti no vax.

La Verità, 31 ottobre 2021

La Verità, 24 settembre 2021

Il Corriere della Sera – Firenze, 22 settembre 2021

La Verità, 3 settembre 2021

La Verità, 2 settembre 2021